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“Progettare e costruire bene, in modo innovativo e sostenibile, vuol dire lavorare per il benessere di chi vive e lavora in un edificio”

Il 31 ottobre, nei prestigiosi spazi del MUSE di Trento, si è tenuto l’evento “Wellbeing sul lavoro: percorsi e tecnologie per il benessere e la crescita aziendale”. Organizzato da UpSens, l’evento ha visto esperti e manager di rilevanza nazionale confrontarsi sul fondamentale tema del benessere in ufficio, e del suo ruolo nella valorizzazione delle risorse umane.

Tra i partecipanti alla tavola rotonda c’è stato anche l’ingegner Francesco Cattaneo, Direttore Generale del consorzio Habitech dal 2017 al 2019. LEED Accredited Professional dal 2009, esperto di efficientamento energetico (ha lavorato anche per la Commissione Europea), già docente di project management alla Sapienza di Roma, Francesco è da anni attivo nei settori dell’edilizia sostenibile e del benessere negli edifici. In questa conversazione, ha sintetizzato il suo intervento all’evento del 31 ottobre, e ha voluto riassumere il suo punto di vista sul tema cruciale del benessere negli spazi indoor.

Francesco, partiamo da un concetto fondamentale. Perché è importante prestare attenzione al benessere e alla qualità della vita nella progettazione degli edifici?

Principalmente perché noi passiamo la maggior parte del nostro tempo, talvolta addirittura il 90% delle nostre giornate, in spazi chiusi. Sono i luoghi dove abitiamo, studiamo, lavoriamo. Spesso però questi ambienti sono poco salubri, per varie ragioni: dalla mancanza del ricambio d’aria alla presenza di inquinanti, passando per una serie di problemi dovuti anche a un modo di costruire che non è più adeguato. Ciò influisce in primis sulla nostra salute, ma anche sulla nostra produttività, e su tutto quello che facciamo. Fino a qualche anno fa misurare la qualità dell’aria negli spazi indoor era abbastanza difficile, e in ogni caso costoso. Oggi, per fortuna, abbiamo molti strumenti che ci consentono di farlo, così da poter affrontare questi problemi in un modo strutturato e organico.

Habitech utilizza il protocollo di certificazione WELL, elaborato dallo statunitense WELL Building Institute. In cosa consiste esattamente?

L’obiettivo di questa certificazione è appunto valutare, attraverso la misurazione di una serie di parametri e il confronto con degli standard internazionali, la salubrità e la qualità della vita all’interno degli edifici. E, in base ai risultati, erogare la certificazione, o fornire indicazioni per migliorare. Bisogna sottolineare che a differenza di altri elementi (che sono ormai oggetto di normativa e per i quali esistono prescrizioni precise), sulla qualità dell’aria le regole sono ancora molto vaghe, almeno per ambienti non adibiti a usi particolari, come quelli industriali. Urge, a riguardo, un grande passo avanti, basandosi in primo luogo sulla misura e la verifica delle condizioni ambientali nei luoghi in cui viviamo, e dei loro effetti sulla salute. Solo così potremo dare indicazioni più precise a tutti coloro che costruiscono, gestiscono e utilizzano gli immobili.

Negli ultimi anni c’è stato, a tuo parere, un mutamento di sensibilità tra i costruttori e gli immobiliaristi? Iniziano a rendersi conto che strumenti come la certificazione WELL sono un plus, anche per essere più competitivi sul mercato e soddisfare i propri clienti?

Posso dire che Habitech rappresenta un osservatorio privilegiato in merito, perché il consorzio si occupa quotidianamente di questi temi. In ogni caso, sì: si percepisce, finalmente, più attenzione e interesse. Habitech sta portando avanti una grande attività di sensibilizzazione, e i frutti iniziano a vedersi. Di solito le aziende più sensibili sono le grandi realtà, ad esempio le multinazionali, per la costruzione di edifici di pregio. Tuttavia questo tema riguarda tutti, non solo chi lavora nel settore dell’edilizia. Secondo le statistiche ogni anno, in Europa, si perdono 2 milioni di anni di lavoro a causa di problemi connessi alla cattiva qualità dell’aria (esclusi quelli legati al fumo). Un dato del genere dimostra quanto sia importante questo tema.

Il Trentino è all’avanguardia in queste tematiche. Secondo te perché?

Intanto perché qui c’è una cultura della qualità, sia del fare sia dell’ambiente. Le indagini ci dicono che è il territorio più sostenibile e green d’Italia, e ciò deriva dalla mentalità che c’è in questa provincia. Inoltre il Trentino può contare su un sapere costruttivo di buona qualità. Pensiamo solo al tema degli edifici in legno: la certificazione ARCA nasce in Trentino. E a proposito di costruire in legno, i benefici che ne derivano sono tantissimi: dalla riduzione dei costi energetici a un miglioramento della salubrità e del confort. Un mito da sfatare in edilizia è quello secondo il quale un edificio dove le persone stanno bene è un edificio che consuma più energia; è assolutamente falso, e anzi è vero il contrario: un edificio ben costruito sarà più confortevole e meno energivoro. Risparmiare sui costi di costruzione è una cosa che non ha senso se si pensa che i costi di gestione e quelli collegati agli abitanti sono di gran lunga preponderanti. Quindi spendere meno nella prima fase della vita di un edificio, quella della costruzione, è una scelta che nel medio-lungo termine non paga mai.

All’evento “Wellbeing sul lavoro: percorsi e tecnologie per il benessere e la crescita aziendale”, organizzato da UpSens al MUSE di Trento, tu hai fatto notare come una delle componenti fondamentali della sostenibilità sia il benessere, giusto?

Assolutamente sì. La sostenibilità ha le sue tre componenti: ambiente, società e dimensione economica. Quindi essa è intrinsecamente multidisciplinare, e implica l’integrazione di molte componenti diverse. Il tema del benessere è sempre stato affrontato poco, anche dal punto di vista ingegneristico, perché difficile da ridurre a un unico parametro, a un’unica misura; esso tocca aspetti molto diversi tra loro: dalle finiture degli edifici alla gestione degli impianti, e così via. Nella fase di costruzione di un edificio, il tema del benessere entra in gioco alla fine. Ad esempio quando arrediamo, o quando diamo l’ultima finitura di vernice a una parete. Una vernice, se scelta male, può peggiorare in modo significativo la qualità dell’aria. Un impianto costruito perfettamente dal punto di vista ingegneristico, ma regolato male, funziona male e non ci dà benessere (e magari consuma più energia). Pertanto il momento di passaggio tra la fase della costruzione e quella della gestione merita la massima attenzione.

Durante l’evento hai detto che il primo ritorno economico in questo ambito non è tanto il risparmio di risorse grazie all’efficienza energetica (che pure è un tema fondamentale), ma la produttività e il grado di soddisfazione delle persone.

Corretto. Se per esempio prendiamo le scuole, è stato dimostrato che negli istituti scolastici dove si rispettano certi standard gli studenti mediamente ottengono voti migliori, apprendono meglio ecc. Negli ospedali i degenti stanno meno tempo, e il personale ospedaliero è più fidelizzato e lavora meglio. Di conseguenza creare ambienti salubri ha un effetto molto importante su tutta la società, anche da un punto di vista meramente strumentale e produttivo, e non solo a livello di una migliore qualità della vita.

Tu, da ingegnere con molta esperienza all’Italia e all’estero, cosa pensi del fenomeno dei cd open space, o degli uffici privi di finestre?

È una storia interessante [sorride]. È da oltre quindici millenni che l’umanità costruisce barriere per proteggersi da un ambiente esterno ostile, e forse la tendenza si è radicata in noi sin troppo! Ripararci, ecco il concetto chiave. Il punto oggi è: qual è l’ambiente ostile, quello interno o quello interno? Urge una riflessione in materia… Perché l’ambiente interno ci deve ovviamente proteggere dalle intemperie, ma deve anche garantirci un adeguato livello di confort, ad esempio un eccellente ricambio d’aria. Dobbiamo iniziare a controllare una serie di parametri che non siamo abituati a controllare (ad es. la qualità dell’aria), perché hanno poco a che fare con il concetto di ripararci.

Al di là del tema dell’open space (che ha i suoi pro e i suoi contro), lavorare in uno spazio dotato di finestre e poter vedere fuori dalle finestre è un aspetto essenziale per il benessere delle persone. Quindi gli spazi, ad esempio di certi centri commerciali, dove chi lavora non vede mai la luce del giorno, sono spazi che hanno senz’altro dei limiti dal punto di vista del benessere. Possono andare bene per i visitatori, ma forse meno per le persone che vi lavorano tutto il giorno… Ovviamente si tratta di una sfida, con le sue complessità, ma è senza dubbio una sfida che va affrontata.

Il Trentino ha un rapporto speciale con il legno. Questo materiale sta vivendo, nel settore delle costruzioni, un boom, in Europa ma non solo.

Sì, c’è tanta sperimentazione, ma si può fare ancora molto. Usando il legno da solo ma anche il legno combinato con altri materiali. Il legno ha delle caratteristiche straordinarie. Ad esempio per quanto riguarda la protezione contro i sismi: è un materiale leggero ma molto resistente. Ed è bellissimo. Un materiale incredibile, che ci permettere di tornare in contatto con la natura, e di non depauperare l’ambiente. Ha un’unica, grande esigenza: richiede che si costruisca bene. Molto bene. Se si costruisce bene con il legno, la casa avrà una durata quasi eterna, mentre se si costruisce male e non si sta attenti ad aspetti fondamentali come l’attacco a terra o l’umidità, il risultato cambia decisamente.

Cosa ti è rimasto della tua partecipazione all’evento del 31 ottobre? Il giudizio è stato positivo?

Il giudizio è stato molto positivo, perché ho avuto la possibilità di confrontarmi con relatori con competenze e background diversi, cosa importante. Io sono un ingegnere, quindi conosco gli edifici, gli impianti, la dimensione tecnica; poter dialogare con specialisti della gestione delle risorse umane (cioè coloro che lavorano negli edifici che noi progettiamo e costruiamo) e con un esperto dell’Istituto Superiore di Sanità, è stato davvero stimolante. Credo davvero che parlarsi e condividere idee ed esperienze sia fondamentale, perché il tema del benessere è molto vasto e complesso, e nessuno di noi, singolarmente, ha la soluzione.

I problemi sono multidisciplinari…

I problemi sono multidisciplinari, e ognuno è chiamato a dare il proprio contributo in termini di competenze e di know-how, a sedersi con umiltà a un tavolo e condividere la sua visione con gli altri per trovare una soluzione comune; che può essere di tipo ingegneristico, sanitario, organizzativo ecc. L’obiettivo, alla fine, è migliorare la qualità della vita delle persone.

E migliorare la qualità della vita delle persone è anche un obiettivo delle tante aziende del consorzio Habitech. Quante sono, esattamente?

A oggi Habitech conta ben 127 soci, di cui 113 privati e 14 pubblici. I soci privati, spesso, sono a loro volta cooperative o aziende consortili: di conseguenza stiamo parlando di una realtà davvero molto ampia. Alla fine Habitech rappresenta una bella fetta degli operatori del settore edile del Trentino, ma non solo; abbiamo soci anche da altre regioni d’Italia. Il nostro obiettivo è quello di essere la punta di diamante per l’innovazione di tutti i soci, inclusi quelli che non hanno né modo né tempo per sviluppare percorsi di innovazione per conto proprio. E ancora, Habitech ha un ruolo importante nel Polo Edilizia 4.0, all’interno del quale ci sono tutti gli attori territoriali trentini che si occupano di edilizia: dai professionisti alle imprese di ogni dimensione.

E una delle aziende che fa parte di Habitech è UpSens.

Esatto. Con UpSens il consorzio ha una collaborazione proprio sul tema della verifica della qualità dell’aria. Insieme è stato realizzato un bel progetto: i sensori UpSens sono stati messi a disposizione dei soci, per misurare la qualità dell’aria negli ambienti produttivi o negli uffici dei soci stessi. Al momento si stanno raccogliendo i dati e si presenteranno poi delle relazioni utili per migliorare la condizione di ciascuno.

Ultima domanda: come immagini il modo di costruire nel 2040?

Secondo me saranno due i filoni principali, nel prossimo futuro. Il primo sarà valorizzare tutto ciò che abbiamo. Soprattutto negli ultimi trent’anni, in paesi come l’Italia abbiamo costruito troppo e male, dimenticandoci di tutto quello che avevamo già costruito negli anni precedenti. Quindi bisognerà restituire valore a ciò che abbiamo: è complicato ma si può fare, usando i materiali e le tecnologie che ci sono oggi. Mi piacerebbe davvero vedere i nostri centri storici, il nostro patrimonio edilizio, migliorati: conservando l’aspetto originario, ma migliorando in termini di salubrità ed efficienza.

Un altro filone, nel prossimo futuro, sarà a mio parere quello di un’edilizia in grado di usare tanto la prefabbricazione. Una prefabbricazione personalizzata, che sfrutti la tecnologia per costruire edifici belli, confortevoli e ad alte prestazioni; avvalendosi ad esempio di un materiale come il già citato legno.


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