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Una Conversazione Con Il Dirigente Scolastico Paolo Chincarini Sulla Chimica, Sul Mondo Della Scuola E Sull’importanza Di Un’aria Salubre

Paolo Chincarini, 56 anni, è dirigente scolastico presso l’ITET Floriani di Riva del Garda, uno dei più noti e rispettati istituti scolastici del Trentino. Originario di Malcesine, un diploma in chimica industriale e una laurea (sempre in chimica) all’Università di Padova, Chincarini è una figura familiare a migliaia di trentini, ed è un veterano della pubblica istruzione: docente per ventun anni, dirigente da ormai undici, vanta un’esperienza e una conoscenza uniche di quel grande microcosmo che è la scuola.

Nel (poco) tempo libero ama viaggiare e scoprire nuove culture, ma trascorre gran parte del suo tempo al Floriani, e confessa (con il sorriso sulle labbra): «Son cinquant’anni che, a diverso titolo, sono a scuola». E forse perché l’istituto è la sua seconda casa che ha aderito con grande entusiasmo all’iniziativa di etika per migliorare la qualità dell’aria nelle scuole del Trentino grazie aiQuAir, i sensori sviluppati da UpSens. In questo post, ecco cosa ci ha raccontato dell’iniziativa e del Floriani. Buona lettura!

Ci parli prima di tutto dell’ITET Giacomo Floriani. Che tipo di scuola è?

È un istituto tecnico tecnologico con due indirizzi: tecnico economico e tecnico tecnologico. All’interno dell’indirizzo tecnico economico abbiamo due trienni: il primo in amministrazione, finanza e marketing, e il secondo in relazioni internazionali per il marketing. Per la parte tecnica tecnologica abbiamo un triennio di specializzazione in elettrotecnica, uno in automazione e uno in costruzioni, ambiente e territorio. Dopodiché abbiamo anche i corsi serali, con tre indirizzi: uno di automazione, poi amministrazione, finanza e marketing, e infine turismo. Ma abbiamo anche l’educazione per gli adulti, e in particolare l’alfabetizzazione per gli stranieri che arrivano in Italia e hanno necessitano di apprendere la lingua. Dopodiché abbiamo anche la possibilità di farli accedere alla scuola media. Quindi, all’interno dell’istituto, c’è anche una piccolissima scuola media che permette agli adulti di acquisire la licenza di scuola media e poi proseguire gli studi attraverso corsi serali.

Quanti sono i vostri studenti nel complesso?

Al diurno sono settecento, un’ottantina al serale; nel corso di un anno scolastico abbiamo circa quattrocento persone che frequentano i corsi per gli adulti. È una scuola abbastanza articolata.

Quindi nel complesso ci sono circa 1.100 persone che studiano da voi.

Sì, esatto.

E lei sovrintende a tutte queste iniziative essendo il dirigente scolastico.

Sì, la mia funzione è proprio quella di organizzare il tutto. Assieme ai miei collaboratori, naturalmente, che mi affiancano nella gestione.

Lei è un chimico di formazione. In che modo la chimica l’ha aiutata a maturare la sua filosofia di dirigente? Cosa ha imparato dalla chimica che poi ha applicato nel mondo della scuola?

Diciamo che la mentalità scientifica aiuta. Quando si ha un incarico di questo genere bisogna essere flessibili, organizzati, e soprattutto pragmatici e risolutivi, perché ci sono tanti problemi a cui bisogna rispondere. E in fondo in chimica si impara ad affrontare e risolvere i problemi. È chiaro che i problemi da gestire in una scuola sono completamente diversi da quelli che bisogna affrontare in un’aula di chimica, però con le materie scientifiche si acquisisce quella forma mentis per cui di fronte a una problematica, la si analizza e si cerca il modo di risolverla.

E quali sono le principali sfide che un dirigente scolastico (un tempo chiamato preside) deve affrontare?

La sfida più grande, soprattutto da circa dieci, quindici anni a questa parte, è la vorticosa velocità con cui il mondo che ci circonda sta mutando. Mi riferisco alle nuove tecnologie, al web, alle esigenze delle aziende. C’è stato un cambiamento radicale, iniziano a nascere persino nuove professioni. E di norma le scuole sono un po’ pachidermiche, vuoi per la burocrazia vuoi per la mentalità dei docenti. Spesso è difficile adattare la nostra offerta a un mercato del lavoro in continua evoluzione. Il rischio però è che la scuola sia in ritardo, mentre il nostro compito è tenere il passo con i cambiamenti, per preparare gli studenti nel modo migliore possibile.

Quindi la sfida consiste proprio nel cercare di tenere il passo con i grandi cambiamenti che si stanno verificando, in modo da permettere ai nostri studenti di accedere al mercato del lavoro nella maniera più adeguata possibile. La scuola deve essere dinamica, aperta, innovativa. Io amo dire che la scuola progetta il futuro degli studenti, ma per fare questo dobbiamo conoscere bene questo futuro. E siccome la scuola è fatta sostanzialmente di docenti, loro sono centrali in tutto questo, insieme alla loro formazione e al loro impegno.

Che impatto ha avuto su di voi quel grande avvenimento storico che è stata la pandemia?

Ecco, le scuole sono pachidermiche ma sono anche resilienti, capaci di reagire nei momenti di difficoltà. Dopo un primo momento di smarrimento (che del resto è stato comune a tutti), dato che nessuno si aspettava tutto quello che è successo, le scuole sono riuscite, più di altri settori, a riorganizzarsi e garantire un servizio essenziale per gli studenti e le famiglie.

Certo, per i ragazzi il lockdown è stato durissimo. Loro sono abituati a uscire, a trovarsi, e l’isolamento causato dalla pandemia ha avuto seri strascichi a livello psicologico, specie sui ragazzi e le ragazze un po’ più fragili. Però molte scuole hanno messo a disposizione anche un supporto psicologico online. In generale ci siamo attrezzati per appoggiare, non solo dal punto di vista didattico ma anche psicologico, le ragazze e i ragazzi e le loro famiglie. A mio avviso, nel complesso, il sistema scuola, almeno quello trentino ma credo anche nel resto d’Italia, ha reagito in maniera ottimale.

Il suo istituto ha preso parte a questo progetto con etika, che ha coinvolto UpSens come abilitatore tecnologico. Innanzitutto, ci dica: perché ha deciso di aderire all’iniziativa?

Devo dire che, essendo un chimico, l’iniziativa mi ha subito appassionato anche in virtù della mia formazione. Tuttavia, al di là del mio interesse personale, ho pensato che potesse essere un progetto interessante, per varie ragioni. In primo luogo, perché penso sia un progetto di tipo educativo. Infatti, la qualità dell’aria è fondamentale, noi respiriamo di continuo, senza neanche accorgercene; l’aria è sempre presente all’interno del nostro organismo, e se quell’aria non è salubre significa che noi, ventiquattro ore al giorno, per trecentosessantacinque giorni l’anno, rischiamo di essere a contatto con sostanze potenzialmente dannose per il nostro organismo. In altre parole, l’aria che respiriamo ha – ci piaccia o no – un impatto sulle nostre vite. Tuttavia, i ragazzi non erano granché consapevoli di ciò, quindi avere in classe un apparecchio come il vostro che monitora i principali inquinanti dell’aria, che avvisa se c’è qualcosa che non va, li stimola a ragionare su un aspetto molto importante.

Quindi QuAir sta aiutando ad accrescere la loro consapevolezza su questi temi?

Assolutamente. Infatti, alcuni studenti stanno acquisendo comportamenti che poi “esportano” a casa, e magari un giorno esporteranno anche in ufficio, o in fabbrica. E poi c’è un aspetto puramente didattico in quest’iniziativa. Noi siamo un istituto tecnico e tecnologico, e il vostro dispositivo si avvale di una tecnologia che può essere indagata, approfondita dai nostri ragazzi. In fondo loro studiano chimica e fisica, discipline strettamente vincolate alla misurazione degli inquinanti; e in effetti abbiamo notato che alcuni studenti hanno cominciato a interloquire con i docenti di chimica, fisica, scienze, per chiedere come funziona, come fa un apparecchio del genere a misurare la qualità dell’aria e così via. Insomma, il vostro dispositivo ha suscitato una curiosità didattica reale!

Da un punto di vista tecnologico cosa pensa di QuAir?

Secondo me è un dispositivo estremamente valido. Certo, il mercato offre da anni dispositivi per la rilevazione automatica degli inquinanti nell’aria, però la vostra azienda è riuscita a realizzare una soluzione, all’apparenza molto semplice e contenuta nelle dimensioni, dove sono concentrate tutta una serie di tecnologie che permettono di rilevare l’anidride carbonica e altre sostanze inquinanti nell’aria in modo molto efficiente e immediato. L’apparecchio non è per nulla invasivo, è molto intuitivo nel suo utilizzo perché impiega dei led colorati e un piccolo sistema di allarme sonoro. E oltre a monitorare in tempo reale la qualità dell’aria, i dati di tutte le aule in cui c’è un sensore sono automaticamente trasmessi al cloud. In tal modo è possibile controllare momento per momento la qualità dell’aria, anche a posteriori, e conservare questi dati.

In quali spazi avete installato i sensori QuAir?

Li abbiamo installati in più della metà delle classi (ventuno su trentasei), in una sala docenti, nell’ufficio dei tecnici, in alcuni laboratori, nella segreteria studenti, nella segreteria docenti e nell’aula udienze. Abbiamo cercato di coprire, insomma, un po’ tutti i tipi di ambiente che ci sono all’interno della scuola.

Gli studenti hanno tratto beneficio da questo ricambio dell’aria basato su dati reali?

Da quel che mi è stato riferito gli studenti sono molto precisi su questo: quando sentono o vedono l’allarme aprono la finestra; e la richiudono anche, perché quando la concentrazione di anidride carbonica torna sotto un certo livello l’apparecchio avvisa che è possibile chiudere la finestra. Questo ha fatto capire che a volte bastano davvero pochi minuti per avere una buona ventilazione, non occorre tenere le finestre aperte per chissà quanto tempo.

Del resto, bisogna tenere conto del fatto che gli studenti passano a scuola a trentacinque ore a settimana, è un po’ come un ambiente lavorativo per loro. Quindi sapere che negli spazi dove loro passano tanto tempo si respira un’aria salubre, senza esposizioni prolungate a un eccesso di anidride carbonica o altro… beh, penso che per loro e per le loro famiglie sia una garanzia importante. Ma al di là di ciò si tratta proprio dell’acquisire la consapevolezza del fatto che nell’aria che noi respiriamo ogni secondo, ogni giorno, ci può essere qualcosa che non funziona. Perciò credo che capire quanto sia importante monitorare la qualità dell’aria sia già di per sé importantissima per loro, proprio dal punto di vista educativo.

E cosa pensano del progetto i docenti e in generale il personale della scuola? 

Sono stati tutti debitamente informati dell’iniziativa e hanno accettato di buon grado. Ho anche avuto i feedback di alcune famiglie, e sono stati feedback molto positivi; perciò, pensiamo di proseguire il progetto anche nei prossimi anni.

Consiglierebbe l’iniziativa ad altri dirigenti scolastici?

Assolutamente sì, secondo me può essere molto utile. Più stimoli i ragazzi hanno e meglio è, e infatti la scuola deve anche fornire idee, stimoli, input. E questo progetto è anche utile quando si fa educazione civica. Insomma, un progetto da consigliare.


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