Non esiste un’unica definizione di intelligenza (un grande musicista è più o meno intelligente di un grande matematico? Un polpo o un corvo possono essere intelligenti?). Allo stesso modo, non esiste una sola definizione di smart building; secondo un testo nordamericano di simili definizioni ne esisterebbero addirittura una trentina.
Di sicuro lo smart building è un edificio che permette di offrire a chi vive o lavora in esso un ambiente stimolante e produttivo, e che utilizzi le risorse in modo efficiente (a livello sia di strutture e sistemi, che di servizi e gestione). Uno smart building, per esempio, non spreca energia, e in questo è antitetico rispetto a molte unità del patrimonio edilizio italiano, che a causa della loro vetustà o cattiva manutenzione sono una significativa fonte di sprechi (alcuni anni fa si stimava, per esempio, un costo annuo dello spreco energetico nel settore residenziale superiore agli 8 miliardi di euro).
Grazie, per esempio, al monitoraggio energetico in tempo reale (real-time energy monitoring), uno smart building ha un’impronta carbonica inferiore a quella di un normale edificio, e per questo fa bene all’ambiente. Ma anche alle finanze: chi possiede (o affitta spazi in) un edificio del genere risparmia sulle bollette, e contribuisce a rendere l’Italia un paese meno dipendente dalle importazioni energetiche. E ancora, uno smart building aiuta a migliorare la qualità della vita e del lavoro delle persone che in esso operano e vivono. Non è difficile capire perché: intuitivamente ciascuno di noi sa che quando si sta in uno spazio indoor confortevole si dorme meglio, si studia meglio, si lavora meglio.
Il confort termico per esempio è fondamentale. E lo è altrettanto una corretta aerazione: uno spazio indoor con un’aria “viziata” (cioè con una concentrazione di CO2 superiore alla soglia consigliata dai medici) inficia il benessere e ostacola l’attività intellettuale, provocando un calo dell’attività neuronale. Negli smart building l’impianto di ventilazione è importante quanto quello idrico, e permette di garantire agli utenti della struttura un’aria salubre, di alta qualità, riducendo l’accumulo di patogeni.
Ancora, in uno smart building c’è luce naturale in abbondanza. È dimostrato che la luce del sole fa bene all’umore, alla salute degli occhi, all’organismo; ciò è alquanto intuitivo: basta anche solo immaginare di trascorrere sei o sette ore in una stanza senza finestre dove è attiva la luce artificiale per sentire gli occhi affaticati, e intristirsi. E spesso negli smart building si creano nicchie e spazi per piante, giardini verticali, pareti di muschio stabilizzato, persino serre.
Anche UpSens contribuisce agli smart building italiani (ed europei) attraverso la tecnologia QuAir. Grazie all’innovativa sensoristica, frutto della forte esperienza maturata da UpSens, e dal Gruppo Optoi – di cui UpSens fa parte – QuAir monitora in modo costante e preciso i parametri più importanti per la salubrità degli spazi indoor, fra cui umidità relativa, temperatura, concentrazioni di CO2, VOC e particolato (PM1, PM2.5, PM10).
Abbinato o integrato nei sistemi di ricambio d’aria e ventilazione meccanica controllata, in unità di trattamento aria, purificatori ed estrattori, QuAir abilita la gestione automatizzata e intelligente degli impianti stessi. E, grazie alla raccolta dati sulle attivazioni e sui tempi esatti di funzionamento degli impianti, abilita anche innovativi servizi di manutenzione predittiva.
Per conoscere meglio la tecnologia QuAir, e rendere un edificio più smart attraverso di essa, basta visitare il sito www.upsens.com
